particolare

FILOSOFIA

LA MIA FORMAZIONE

C’è una cosa che da sempre mi ha affascinata, ed è il colore in tutte le sue sfaccettature ed essenze. Sono abituata a sentirlo e fissarlo mentalmente. Sono capace di definirne gli abbinamenti, anche i più inusuali. Per questo posso proporli con attenzione, tenendo in considerazione la destinazione e il contesto, classico o contemporaneo, a cui sono destinati.

Per me dipingere è come raccontare una storia, differente di volta in volta, a chi avrà il piacere di osservare una facciata che torna a vivere dopo anni di usura e deterioramento: è come attingere a un archivio infinito di linguaggi antichi che studio, custodisco e generosamente infondo in ogni progetto.

Il mio pensiero si nutre del fascino per l’antico, perché sono convinta che esista un’energia intensa in tutto ciò che ha un vissuto.

L’ispirazione per i nuovi progetti viene sempre dall’osservazione della natura, da quello che racconta e trasmette attraverso le forme, i colori, la materia di cui è costituita. Mi incanta l’idea di trasportarla nel mio lavoro e riprodurla attraverso citazioni che possono andare da un bordo ornamentale a una grottesca all’inserimento di foglie, fiori, conchiglie o pesci…Monet, Caravaggio, Rothko e molti artisti contemporanei rappresentano i riferimenti artistici più cruciali per la mia ricerca, un’esperienza costantemente in divenire, che mantiene sempre un rapporto vitale con i riferimenti naturali. dcccc

“L’occhio ricompone ciò che il pennello ha dissociato e ci si accorge con stupore di tutta la scienza, di tutto l’ordine segreto che ha diretto questo ammucchiamento di macchie che sembravano spruzzate in una pioggia furiosa. È una vera musica d’orchestra in cui ogni colore è uno strumento con un ruolo distinto, e i cui momenti, con le loro tinte diverse, costituiscono i temi successivi. Monet resta uno dei più grandi paesaggisti nella comprensione del carattere proprio di ogni suolo studiato, ciò che è la suprema qualità della sua arte”.  
C. Mauclair, L’Impressionnisme: son histoire, son esthétique, ses maîtres, 1904

A REGOLA D'ARTE”

La locuzione, formalmente, indica l’insieme delle tecniche considerate corrette per l’esecuzione di un determinato genere di lavoro. Con “arte” si intende, nello stesso significato che aveva al tempo delle corporazioni medievali delle arti e dei mestieri, la categoria professionale a cui appartiene il soggetto che esegue la lavorazione.
Un’opera è eseguita a regola d’arte solo se il risultato è un manufatto sicuro, adeguato all’uso per cui è stato progettato; nel caso delle opere d’artigianato, è necessario anche il rispetto di determinati principi estetici e formali. Nell’esecuzione di opere professionali o artigianali, la regola d’arte rientra nel dovere di “diligenza nell’adempimento” ai sensi dell’art. 1176 del codice civile.
Ma al di là della necessità di adempiere a un obbligo giuridico, questo concetto implica il rispetto e la devozione per l’eccellenza nella propria arte.

“Lo scopo del decoratore è quello di riuscire a rappresentare su un supporto bidimensionale oggetti a tre dimensioni. L’utopia è quella di riuscire ad ingannare l’osservatore al punto che creda realmente a quello che vede. […]

Che cosa ci vuole per fare un bravo decoratore? La predisposizione naturale e la capacità di guardare; un decoratore non crea niente, rappresenta un interpretazione della realtà. tutto ciò che viene dipinto da un decoratore e già stato progettato, disegnato e collaudato nei secoli, sono sempre le stesse lettere di un vastissimo alfabeto, foglie d’acanto, cornici, volute, dentelli, timpani, paraste, lesene, capitelli… Bisogna prima di tutto conoscere e per conoscere uno dei metodi migliori e guardare tutto ciò che è già stato fatto. inoltre bisogna approfondire il concetto di luce, assimilare il fatto che tutto ciò che si vede è un prodotto della luce e che di conseguenza lo è tutto ciò che si dipinge.”    

Silvana Ghigino, La realtà dell’illusione

A regola d’arte è il principio ispiratore di ogni nostro lavoro, sia esso il restauro di una cappella antica, sia la realizzazione di una decorazione murale domestica. Significa affondare le proprie radici nell’antico mestiere della decorazione ligure, studiare e praticare tecniche e materiali per riscoprire ogni giorno la tradizione e portarla al massimo delle sue possibilità.

FILOSOFIA AZIENDALE SUL RESTAURO

I segni del trascorrere del tempo costituiscono un valore storico ed estetico di straordinaria efficacia.
Pertanto il principio fondamentale sul quale si basa la nostra attività di restauro delle pitture murali, a fresco e a secco, è quello della conservazione dell’autenticità dell’opera.

I principi professionali che guidano il nostro lavoro scaturiscono dai principi della Carta di Venezia del 1964, il documento cardine per la conservazione e il restauro del patrimonio costruito.

Fin dal Diciottesimo secolo si avvertì l’esigenza di tutelare i monumenti da distruzioni, danneggiamenti e alterazioni. A partire dal 1883, con un congresso che riunì a Venezia architetti e ingegneri alla ricerca di un punto di mediazione, iniziò un percorso di graduale elaborazione di principi, metodi e prescrizioni che garantissero, oltre alla conservazione dei monumenti, anche la loro corretta lettura. Questo percorso si codificò nel tempo in una serie di documenti chiamati Carte del restauro.
La prima Carta del restauro venne elaborata alla conferenza internazionale di Atene del 1931, seguita nel 1932 dalla prima direttiva ufficiale italiana in materia, emanata dal Consiglio Superiore per le Antichità e le Belle Arti.
La Carta di Atene espresse in 10 punti un invito ai governi nazionali a curare il proprio patrimonio architettonico, uniformare le proprie normative privilegiando l’interesse pubblico, ampliare lo studio della storia dell’arte, insegnando ai cittadini l’amore e il rispetto per il proprio patrimonio.

Ma la vera rivoluzione concettuale avvenne a Venezia con il Secondo congresso internazionale degli architetti e tecnici dei monumenti, riunitosi nel maggio 1964. Alla Carta di Venezia diedero un contributo sostanziale gli studiosi italiani, in particolare Cesare Brandi.

La Carta – ufficialmente Carta internazionale sulla conservazione ed il restauro dei monumenti e dei siti – definisce in modo a tutt’oggi insuperato i principi più importanti della metodologia del restauro architettonico: sottolinea l’importanza dell’edificio come testimonianza storica e culturale, introduce il concetto che il “monumento” non è solo l’edificio ma anche il suo ambiente urbano e paesaggistico, sottolinea come l’utilizzo dell’edificio ne favorisca la conservazione (purché non ne alteri l’aspetto o la distribuzione) e come il restauro sia un fatto eccezionale, mentre la manutenzione sistematica fa parte integrante del processo di conservazione.

La sua diretta discendente, la Carta italiana del restauro del 1972 definisce gli interventi ammessi e quelli proibiti: ad esempio, sono proibiti i completamenti in stile, rimozioni o demolizioni che cancellino il passaggio dell’opera attraverso il tempo (a meno che non siano deturpanti, falsificanti o incongrue), la rimozione, ricostruzione o il ricollocamento dell’opera, l’alterazione o rimozione delle patine; sono ammesse le puliture che rispettino le vernici antiche, modifiche e inserzioni a scopo statico e conservativo, persino la reintegrazione di piccole parti storicamente accertate e l’anastilosi (ricomposizione di opere andate in frammenti), a patto che l’intervento sia chiaramente distinguibile dal materiale originario.

In una sorta di completamento della carta di Venezia, la Carta di Washington del 1987 esprime il principio della salvaguardia non solo del singolo monumento, ma delle città e quartieri storici nella loro unità, quali documento storico e testimonianza di civiltà urbane tradizionali.

Una ulteriore definizione dei principi avviene nel 2000 con la Carta di Cracovia, Principi per la conservazione ed il restauro del patrimonio costruito, che si richiama esplicitamente alla Carta di Venezia del 1964. L’importanza di questo documento sta nel suo riferirsi non più al “monumento” quale oggetto di salvaguardia, ma al patrimonio nella sua totalità, costituito di elementi architettonici, urbani, paesaggistici, di strutture, spazi e attività umane: comprensivo quindi dei valori intangibili di cui il patrimonio costruito è testimone.
Ancora una volta, l’edificio non viene considerato in isolamento, ma per il suo valore nella città, e con tutte le sue connotazioni anche decorative e cromatiche. Il progetto di restauro delle decorazioni deve essere un progetto specifico connesso con quello generale in una visione organica di conservazione dell’intero monumento, e deve rispettare le tecniche artigianali tradizionali.

Le definizioni della Carta di Cracovia chiariscono i concetti fondamentali su cui si basa il nostro lavoro di restauratori:

a. Patrimonio: Il patrimonio culturale è quel complesso di opere dell’uomo nelle quali una comunità riconosce suoi particolari e specifici valori e nei quali si identifica. L’identificazione e la definizione delle opere come patrimonio è quindi un processo di scelta di valori.

b. Monumento: Il monumento è una singola opera del patrimonio culturale riconosciuto come un portatore di valori e costituente un supporto della memoria. Questa riconosce in esso rilevanti aspetti attinenti il fare ed il pensare dell’uomo, rintracciabili nel corso della storia ed ancora acquisibili a noi.

c. Per Autenticità di un monumento si intende la somma dei suoi caratteri sostanziali, storicamente accertati, dall’impianto originario fino alla situazione attuale, come esito delle varie trasformazioni succedutesi nel corso del tempo.

d. Per Identità si intende il comune riferimento di valori presenti, generati nel contesto di una comunità e di valori passati reperiti nella autenticità del monumento.

e. Conservazione: La Conservazione è l’insieme delle attitudini della collettività volte a far durare nel tempo il patrimonio ed i suoi monumenti. Essa si esplica in relazione ai significati che assume la singola opera, con i valori ad essa collegati.

f. Restauro: Il restauro è l’intervento diretto sul singolo manufatto del patrimonio, tendente alla conservazione della sua autenticità ed alla acquisizione di esso da parte delle collettività.

g. Progetto di restauro: Il progetto, come consequenzialità di scelte conservative, è lo specifico procedimento con il quale si attua la conservazione del patrimonio costruito e del paesaggio.

Dall’elaborazione di questi principi nascono le nostre linee guida operative:

– reversibilità degli interventi;

– aggiunte sempre distinguibili dagli elementi preesistenti, ma che non sacrificano l’unità figurativa dell’insieme;

– riparazioni e integrazioni con materiali che garantiscono la compatibilità chimica, meccanica e fisica con gli elementi preesistenti, in modo da rendere il risultato più stabile;

– lavorazioni che durano nel tempo.